Opere - Acqua e Vento

Title
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Descrizione
Mare e amare (2011-2014) è una raccolta poetica i cui temi principali sono suggeriti dalla paronomastica allitterazione del titolo.
L'autore, novello Ulisse, esule nostalgico, vive un intenso, struggente desiderio di riunirsi alla terra che gli ha dato la vita, varcando quel mare nostrum che gli è ora amico ora ostile.
Il viaggio, il nostos, descritto anche attraverso citazioni di Omero, Archiloco, Saffo, Orazio, Virgilio, è fatto di separazioni e ritorni, di nostalgie e di un amore immutabile.

Dettagli
Genere: poesia lirica
Data uscita: marzo 2014
Pagine: 96
Formato: 106 x 168 mm
Lingua: Italiano, Catalano
Parole chiave: poesia, amore, mare, poeti classici, Sardegna, Cagliari
Descrizione
Mare e amare - Mar y amar (2011-2014) è una raccolta poetica bilingue italiano-spagnolo, i cui temi principali sono suggeriti dalla paronomastica allitterazione del titolo.
L'autore, novello Ulisse, esule nostalgico, vive un intenso, struggente desiderio di riunirsi alla terra che gli ha dato la vita, varcando quel mare nostrum che gli è ora amico ora ostile.
Il viaggio, il nostos, descritto anche attraverso citazioni di Omero, Archiloco, Saffo, Orazio, Virgilio, è fatto di separazioni e ritorni, di nostalgie e di un amore immutabile.

Dettagli
Genere: poesia lirica
Data uscita: luglio 2014
Pagine: 128
Formato: 105 x 169 mm
Lingua: Italiano, Catalano, Spagnolo
Parole chiave: poesia, amore, mare, poeti classici, Sardegna, Cagliari.

Sinopsis
Mare e amare - Mar y amar (2011-2014) es una antología poética bilingüe, cuyos temas principales son sugeridos por la aliteración paronomástica del título. El autor, nuevo Ulises, exiliado nostálgico, vive un intenso, vehemente anhelo de volver a la tierra que le dio la vida, cruzando el mare nostrum, que es al mismo tiempo amigo y hostil. El viaje, el nostos, también descrito a través de citas de Homero, Arquíloco, Safo, Horacio, Virgilio, está lleno de separaciones, de vueltas, de nostalgias y de un amor inmutable.

Detalles
Género: poesía lírica
Publicación: julio 2014
Páginas: 128
Formato: 105 x 169 mm
Lengua: Italiano, Catalán, Español
Palabras clave: poesía, amor, mar, poetas clásicos, Cerdeña, Cagliari.
Descrizione
In AQVA (Non ci sarà la morte) convivono armonicamente poesie e testimonianze che ripercorrono la strage del Vajont.
Il 9 ottobre 1963 furono spazzate via in appena quattro minuti paesi, borgate e spezzate per sempre le vite di circa duemila persone.
Da quella tragica notte giunge fino a noi un coro di voci che leva in alto un grido disperato di giustizia e dolore.
Prefazione di Lucia Vastano.


Dettagli
Genere: poesia civile
Data uscita: marzo 2015
Pagine: 184
Formato: 105 x 169 mm
Lingua: Italiano
Parole chiave: poesia, Vajont, testimonianze, strage

AQVA (Non ci sarà la morte)

L’“Aqua” di cui parlo ha un nome femminile dolce e terribile, benigna come le mani di una madre o matrigna quando annega i suoi figli.
Le radici di questo libro risalgono al 2009 in seguito alla visione del film di Renzo Martinelli “Vajont: la diga del disonore” che mi ha colpito e turbato profondamente. La storia che conoscevo parlava di una disgrazia, di una diga, di un lago, di circa duemila morti. Ho scoperto che era così solo in parte e che i veri responsabili della strage erano stati gli uomini. In realtà, le protagoniste assolute erano state la loro cupidigia e l’hybris, quella tracotanza contro cui si scagliava il drammaturgo greco Sofocle nella sua Antigone.
Sentimenti diversi e contrapposti si sono impossessati di me ed hanno cominciato ad accompagnarmi. Ho provato rabbia, sgomento e indignazione e le lacrime di quel dolore antico che provavo sulla pelle viva mi hanno fatto capire come in realtà questo lutto lo avessi sempre avuto dentro e che da quel momento la mia missione fosse quella di parlarne in modo da perpetuare ed esercitare la memoria.
La memoria è sacra e non ho potuto né voluto mettere a tacere la voce della mia coscienza.
Il libellus può essere diviso in due parti.
La prima è composta da trentacinque poemi. I primi trentatré sono dedicati ai luoghi in cui quel maledetto 9 ottobre 1963 si abbatté l’onda funesta che causò la morte di circa duemila innocenti. Paesi, frazioni di montagna, terre, animali, alberi, strumenti di lavoro, paesi e altre frazioni a fondo valle sono uniti dallo stesso amaro destino. I restanti due poemi sono dedicati rispettivamente al ciclone che ha colpito la Sardegna, la mia isola, nel novembre del 2013 e causato la morte di sedici innocenti, tra cui due bambini di due e tre anni; mentre il secondo di essi è stato composto per ricordare, anche senza nominarle esplicitamente, tutte le altre stragi e disgrazie legate all’acqua che hanno causato negli ultimi tempi morti innocenti e disastri immani sia in terra sarda che in altre regioni italiane. Queste ultime due poesie parlano, dunque, anche se in termini non esclusivi, del rapporto di amore e odio della mia terra con la protagonista di questo libercolo. Anche da noi, purtroppo, come in moltissimi altri luoghi, l’acqua ha portato gioia e distruzione.
Come appendice alla prima parte, ho aggiunto dieci traduzioni mie di poemi di autori a me molto cari di lingua spagnola, polacca e portoghese in cui l’acqua è ritratta come un elemento benigno e portatore o dispensatore di amore. Alcune di queste poesie vedono per la prima volta la luce in lingua italiana.
Nella seconda parte del libro, intitolata Testimonianze, sono stati inseriti i ricordi, i pensieri e le opinioni di alcune vittime e di altre persone che, pur non avendo preso parte direttamente alla strage, hanno a cuore la storia della valle del Vajont e dei suoi abitanti e lo hanno dimostrato nel corso degli anni con il loro impegno personale e professionale.
Lucia Vastano nella prefazione scrive: «Questo libro di Filippo Melis così strano, fatto di poesie, citazioni, ma anche di testimonianze è una ricerca di sé, ma anche di quello che unisce la sua gente di mare ad altra gente di montagna, solo geograficamente così lontana. Questo inno all’acqua madre e matrigna vuole raccontare anche tutto quello che non sta in un libro, ma che è scritto tra le sue righe. La storia degli ultimi e delle loro terre, così sole, isolate, perse e dimenticate come i superstiti del Vajont. Buoni per gli anniversari, ma abbandonati a se stessi nella volontà di preservare la memoria. Quella scomoda che non è fatta di lacrime, commemorazioni, gemellaggi ed eventi straordinari, ma dalla ricerca di giustizia e dalla volontà che i morti servano almeno ad insegnare qualcosa ai vivi: che l’uomo, il politico, l’imprenditore, il prete, il giornalista, il magistrato possono commettere crimini infami se non si controlla il loro operato, se non si vigila affinché le mafie dei colletti bianchi, con le mani pulite e la coscienza sporca, si pongano sopra tutti e se ne freghino di sacrificare gli ultimi, i senza voce, per i loro interessi. Dalla Sardegna, al Veneto e al Friuli, ma anche in tutti quei luoghi lontani dove ogni uomo è un’isola. Un’isola che forse può essere salvata da una poesia».
Descrizione
LVTVM (Memoriæ) raccoglie sessantatré poesie dedicate alla strage del Vajont. Lutum in latino significa fango, melma. In senso figurato, vuol dire uomo abbietto, essere miserabile.
L’enorme distesa di fango che occupa la piana di Longarone è una delle immagini più ricorrenti della strage. E proprio da quel fango sembrano essere spuntate come per mistero le bestie umane che si accaniscono come belve sui superstiti e sopravvissuti annientati dal dolore. Il sottotitolo memoriae allude ai ricordi terribili dei momenti successivi all’ecatombe ma anche a quelli dei soprusi e delle angherie a noi temporalmente più vicini.
Prefazione di Aldo Colonnello.

Dettagli
Genere: poesia civile
Data uscita: agosto 2017
Pagine: 192
Formato: 106 x 170 mm
Lingua: Italiano
Parole chiave: poesia, Vajont, strage

LVTVM (Memoriæ)

La sensazione che ho, parlando con l’autore, è che i versi di questa raccolta siano intrisi di dolore autentico e di rabbia. Difficile è sapere esattamente in quale misura siano l’uno e l’altra. Ma poi è davvero necessario stabilirlo? L’emozione e l’empatia che sono emersi dalla nostra chiacchierata e dalla lettura dei versi colpiscono e lasciano un segno indelebile. Per Melis, rievocare con il linguaggio della poesia la strage del Vajont, un episodio che pare esser stato vissuto sulla propria pelle, è soprattutto un pretesto per puntare l’indice contro le malefatte di questi ultimi 54 anni, che hanno come protagonista indiscusso il trionfo dell’interesse economico a danno degli indifesi.
Quanti altri Vajont si sono succeduti in luoghi, con attori e modalità diversissimi ma con un denominatore comune: il sacrificio della vita umana sull’altare del dio denaro? Quanti Vajont ancora ci vedranno nelle vesti di spettatori increduli, indifferenti, commossi o nelle vesti di vittime?
Filippo Melis, da sardo, da poeta, da educatore, con questa sua seconda opera dedicata al Vajont, dopo AQVA (Non ci sarà la morte), prende sempre più posizione e si schiera apertamente dalla parte di chi ancora cerca giustizia e non vendetta, di chi crede che questo episodio devastante del passato possa contribuire non solo ad informare, rendendo testimonianza alla memoria, ma anche a far capire che, come sosteneva Sofocle nell’Antigone (vv. 332-3): «Molte sono le cose straordinarie, ma nulla è più straordinario dell’uomo». E questo, nel bene e nel male.
(tratto dalla Prefazione di Aldo Colonnello)

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